Sale and lease back per i professionisti: un’opportunità di auto-finanziamento?

Il sale and lease-back immobiliare rappresenta una forma di finanziamento mutuata dalla prassi commerciale e si sintetizza in una operazione in cui un’impresa, ma anche un libero professionista (leasee), vende un bene immobile ad una società di leasing (lessor) che a sua volta retrocede la disponibilità e l’utilizzo dello stesso immobile allo stesso soggetto venditore. In tal modo la società di leasing acquista la titolarità del bene obbligandosi, nel contempo, alla concessione dello stesso bene in godimento al soggetto venditore, dietro il pagamento dei canoni di locazione (canoni di leasing) in precedenza pattuiti.
Dal canto suo il venditore del bene, al termine del contratto avrà la possibilità di scegliere se esercitare l’opzione per il ri-acquisto e riscatto del bene in precedenza concesso in leasing.
Il trasferimento dell’immobile alla società di leasing è dunque funzionale alla necessità di disporre liquidità finanziaria con finalità di un potenziamento dei fattori produttivi necessari per lo svolgimento dell’attività imprenditoriale/professionale.
La logica del contratto del sale and lease-back dunque risponde all’esigenza di collocare sul mercato, in modo agile e veloce, un bene immobile strumentale, risultando essere un’operazione vantaggiosa per entrambi i contraenti in gioco: il venditore (lavoratore autonomo o impresa) ottiene infatti l’immediata liquidità e non perde la disponibilità e l’utilizzo del bene; la società di leasing sottoscrive un contratto dal quale ne deriverà un vantaggio economico (un ricavo).
L’immobile oggetto del contratto di sale and lease-back deve quindi avere natura strumentale nell’esercizio dell’impresa o della professione ed inserito quindi nel complesso di beni di cui l’imprenditore o il libero professionista si avvale per l’esercizio della propria attività, rimanendo fermo il fatto che lo stesso non verrà distolto da tale destinazione per tutta la durata del contratto di locazione finanziaria.  
Aspetti fiscali
La persistente crisi del comparto immobiliare e la conseguente necessità di rivitalizzazione dello stesso, ha forse fatto ritenere opportuno al Legislatore la necessità di una rivisitazione della disciplina fiscale delle operazioni di sale and lease-back degli immobili strumentali, sia con riferimento alle imprese che con riferimento ai liberi professionisti, facendo così in modo che la leva fiscale rappresenti una importante valvola di rilancio per questa forma di finanziamento.
Una tale operazione permette infatti di liberare liquidità latente nel valore degli immobili strumentali posseduti nell’esercizio di arti e professioni e la cui centralità, oggettivamente, non poteva essere messa a repentaglio da una legislazione fiscale che, nel corso degli anni, ha pian piano penalizzato il ricorso a questa modalità di finanziamento.
La deducibilità dei canoni di leasing immobiliari per i professionisti era in precedenza prevista dall’articolo 54 del TUIR, con riferimento ad un orizzonte temporale minimo di 15 anni. Per effetto di una disposizione transitoria (vedasi la Legge 296/2006, articolo 1 comma 335) tale possibilità di deducibilità era limitata ai soli contratti stipulati nel triennio 2007-2009. Al contrario, per tutti i contratti di leasing immobiliare stipulati a far data dal 1 Gennaio 2010, era invece previsto un regime di indeducibilità assoluta dei canoni di locazione (vedasi anche Risoluzione 13/E del 02/03/2010).
La Legge 147/2013, meglio nota come Legge di stabilità 2014, all’articolo 1 comma 162 lettera a) è intervenuta modificando l’articolo 54 comma 2 del TUIR riguardante i lavoratori autonomi (oltre all’articolo 102 comma 7 del TUIR in merito alle imprese) sancendo così l’abbandono del precedente meccanismo di indeducibilità assoluta dei canoni di leasing immobiliare.
In tal modo per i contratti stipulati a far data dal 1 Gennaio 2014, con riferimento agli esercenti attività d’impresa e di lavoro autonomo, sono in vigore le nuove norme per le quali la deduzione dei canoni di leasing di beni immobili strumentali è ammessa per un periodo non inferiore a dodici anni. Il requisito della strumentalità è verificato qualora l’immobile sia destinato in via esclusiva, allo svolgimento dell’attività professionale/imprenditoriale.
Nel caso invece di uso promiscuo del bene immobile (in particolare con riferimento ai liberi professionisti), vale a dire in parte per finalità professionali ed in parte ad uso personale, la deducibilità sarà consentita nella misura del 50%. Inoltre, ai sensi dell’articolo 36, comma 7 del D.L. 223/2006, dal valore del canone di locazione dovrà essere scorporata, in quanto indeducibile, la quota forfettariamente attribuibile al terreno su cui è impiantato l’immobile, determinata nella misura del 20%.
Nel caso dunque di immobili già detenuti in proprietà ed utilizzati per lo svolgimento dell’attività professionale, la possibilità di poter beneficiare di tali nuove disposizioni si concretizza in presenza di un’operazione di sale and lease-back.
Chiaro l’intento del legislatore, come sopra anticipato e finalizzato ad un intervento imperniato su una anticipazione dei tempi di ammortamento fiscale degli investimenti finanziati mediante la formula del leasing. In tal modo viene a ridursi il periodo di deducibilità fiscale dei canoni e si riduce la base imponibile su cui applicare le imposte, liberando quindi maggiore liquidità da mettere a disposizione per l’attività professionale.
L’Agenzia delle Entrate, così come da interpretazione contenuta nella Circolare 38/E del 2010, considera l’operazione di sale and lease–back alla stregua di due distinte transazioni autonomamente rilevanti: dapprima la cessione dell’immobile e successivamente la sottoscrizione del contratto di leasing, o meglio di lease-back.
In relazione alla cessione dell’immobile strumentale oggetto del contratto, trova applicazione la disciplina di cui all’articolo 86 TUIR nel caso in cui emerga una plusvalenza data dalla differenza positiva tra il prezzo di vendita e valore contabile netto del bene, così come iscritto nel registro dei cespiti ammortizzabili; nel caso contrario, troverà invece applicazione la disciplina di cui all’articolo 101 TUIR, vale a dire nel caso in cui dovesse emergere una minusvalenza. Nel primo caso la plusvalenza di cui all’articolo 86 TUIR concorrerà integralmente alla formazione del reddito imponibile nell’esercizio in cui la stessa è realizzata ovvero, su opzione del contribuente, in quote costanti nell’esercizio in cui è realizzata e nei tre successivi ma non oltre il quarto, se il bene è posseduto dal contribuente per un periodo non inferiore a tre anni. L’opzione del contribuente deve risultare dalla propria dichiarazione dei redditi; se tale opzione non viene indicata, la plusvalenza concorrerà per intero alla formazione della base imponibile nel solo anno in cui si realizza.
La Legge 147/2013, a far data dal 1 Gennaio 2014, prevede novità anche in tema di imposta di registro. Il leasing immobiliare si caratterizza in quanto, in particolare negli ultimi anni di durata del contratto (a ridosso dei 12 anni in caso di durata minima ai sensi delle nuove norme del TUIR), può spesso avvenire il subentro da parte di un soggetto (cessionario) interessato all’assunzione dell’opzione di riscatto, finalizzato all’acquisto dell’immobile oggetto del contratto di leasing e non al godimento dello stesso bene. In tal caso il corrispettivo pattuito tra cedente e cessionario nel subentro del contratto di sale and lease-back, sconta una imposta di registro del 4%, la cui base imponibile è calcolata anche sulla quota capitale corrispondente ai canoni ancora da pagare ed al prezzo di riscatto finale del bene.
A decorrere inoltre dal 1 Gennaio 2014, in caso di detenzione del bene immobile a titolo di leasing, il lavoratore autonomo sarà gravato da IMU, TASI E TARI; a partire dalla data di stipula del contratto di sale and lease-back, il soggetto passivo di tali imposte sarà sempre il locatario.  
Un ipotesi di abuso di diritto nel sale and lease-back?
Il ricorso a tale forma contrattuale nonché la connessa possibilità concessa di poter dedurre i canoni derivanti dal contratto di sale and lease-back è da ritenersi vincolata ad una esclusiva finalità di finanziamento. È indubbio infatti che il contratto di sale and lease-back presenti vantaggi prima di tutto finanziari oltre a quelli connessi alla sfera fiscale.
Per le sue intrinseche caratteristiche presenta però anche collegate ipotesi di rischi dovuti ad interpretazioni tipiche della sfera dell’abuso di diritto. Ricordiamo brevemente che l’abuso del diritto viene individuato quale operazione messa in atto con l’obiettivo principale di ottenere risparmi di imposta attraverso l’utilizzo distorto di schemi giuridici. Ognuno di questi schemi singolarmente appare perfettamente legittimo, mentre l’illegittimità deriva dal fatto che essi nel complesso sono messi in atto unicamente per ottenere vantaggi fiscali.
Quindi, il sale and lease-back, per i detti vantaggi che presenta, ben potrebbe essere utilizzato per simulare le ragioni tipiche dello smobilizzo dell’investimento, celando ad esempio il reale intento di un contratto di mutuo.
Qualora quindi l’aspetto del finanziamento dovesse risultare marginale, l’Amministrazione finanziaria potrebbe eccepire un uso improprio di tale forma contrattuale e di conseguenza arrivare alla estrema ratio (fra l’altro tutt’altro che infrequente) di disconoscere la deducibilità dei canoni versati. Dal canto suo l’Agenzia delle Entrate potrebbe notificare gli avvisi di accertamento sostenendo che la tale operazione di sale and lease-back effettuata non ha alcuna autonoma finalità economica, ma ha invece prodotto una situazione artificiosa concretizzatasi mediante una pianificazione fiscale che ha consentito un risparmio d’imposta.
Nella fattispecie il lavoratore autonomo ben potrebbe dedurre le quote dei canoni di leasing al posto delle quote di un eventuale ammortamento dell’immobile, in caso di acquisto di proprietà, aggirando quindi il disposto di cui all’articolo 67 del D.P.R. n. 917/86, attraverso un artificioso contratto di leasing che ha comportato la possibilità di dedurre il costo dell’acquisto in dodici anni rispetto ai 33 previsti in casi di acquisto diretto dell’immobile.
In tal senso è anche intervenuta la Corte di Cassazione con la sentenza 5583 del 09/03/2011, nella quale ha espresso l’esistenza di un caso di abuso di diritto quando l’operazione di sale and lease-back presenta quale unica finalità il risparmio fiscale e non il finanziamento della propria attività da parte del lavoratore autonomo.
La giurisprudenza italiana non disconosce affatto il contratto di sale and lease-back ma attraverso le sentenze di volta in volta emesse tende ad individuare gli elementi che garantiscono liceità e trasparenza all’operazione.
La stessa Agenzia delle entrate, con la Circolare della Direzione Regionale della Lombardia n. 20 del 24 Maggio 2000  ha cercato di elencare gli indici rivelatori da cui desumere le anomalie necessarie e tali da far rientrare il sale and lease-back tra le fattispecie di abuso del diritto.
Alcune di queste circostanze possono di seguito essere riepilogate:

  • Nei canoni di locazione è inclusa anche una quota del prezzo di vendita del bene ed il prezzo di opzione è irrilevante rispetto al valore da riscattare. In tal caso il venditore, al termine del pagamento dei canoni avrà restituito tutto il finanziamento ricevuto e l’alienazione sottostante del bene è effettuata al solo scopo di garanzia del prestito (Cass. 16 Ottobre 1995, n.10805);
  • Sproporzione fra entità del debito garantito e valore del bene alienato in garanzia. In tal caso il venditore ottiene un finanziamento per la sola cifra di cui ha necessità, sottoscrivendo un debito il cui valore è del tutto svincolato dal valore del bene, il quale resta vincolato a garanzia del pagamento dei canoni periodici di leasing;
  • Immobile oggetto del lease-back che permane nella disponibilità della società di leasing;
  • Facoltà concessa all’utilizzatore di sub-locare il bene. Una tale fattispecie può essere sintomo di una totale assenza di interesse all’utilizzo del bene, per cui i canoni rappresentano la restituzione del finanziamento concesso.

Possiamo dunque parlare di operazione fraudolenta nel caso in cui si accerti, fra l’altro, la compresenza delle seguenti circostanze: l’esistenza di una situazione di credito e debito tra la società finanziaria ed il soggetto venditore utilizzatore; le difficoltà economiche di quest’ultimo; la sproporzione tra il valore del bene trasferito ed il corrispettivo versato dall’acquirente (Corte di Cassazione, sentenza n. 5438 del 14/3/2006, i cui medesimi elementi sono stati anche ripresi dalla Corte di Cassazione nella già citata sentenza 5583 del 9 Marzo 2011).
Molto spesso, quindi, il rischio è soprattutto quello di simulare un reale e sottostante contratto di mutuo assistito da garanzia reale mediante un contratto di sale and lease-back.