Tra le tante sorprese contenute nel disegno di Legge di stabilità una delle più eclatanti riguarda la rivisitazione (è un eufemismo !!!!) della figura del garante del contribuente.
Ricordiamo brevemente che lo Statuto dei diritti del contribuente, la Legge 212/2000, all’articolo 13, ha istituito tale figura, deputata alle seguenti funzioni:
– presentare richieste di documenti e chiarimenti agli uffici, i quali devono rispondere entro trenta giorni;
– rivolgere raccomandazioni ai dirigenti degli uffici ai fini della tutela del contribuente e della migliore organizzazione dei servizi e li richiama al rispetto delle norme dello Statuto del contribuente o dei termini relativi ai rimborsi d’imposta;
– accedere agli uffici stessi per controllare la loro agibilità al pubblico nonché la funzionalità dei servizi di informazione e assistenza;
– attivare l’autotutela;
– segnalare norme o comportamenti suscettibili di produrre pregiudizio per i contribuenti;
– presentare una relazione semestrale al Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Insomma, un ruolo di garanzia, imparzialità e certezza nei rapporti tra contribuenti e P.A., teso a tutelare i diritti dei cittadini dinanzi agli uffici finanziari, svolgendo anche funzioni propulsive affinché venga attivato ed assicurato quel sistema di garanzie già previste nell’ordinamento tributario in favore dei contribuenti.
La già citata Legge 212/2000 aveva previsto l’organo del garante composto da tre membri ma, dal Gennaio 2012, i venti della spending review vi si sono abbattuti prevedendone non più la collegialità: a partire da tale data la sua struttura è divenuta infatti monocratica.
Come se non bastasse, ancora il ventaglio della spending review ed ancora modifiche in vista: il disegno di Legge di stabilità all’esame dei due rami del Parlamento, prevede ora di affidare direttamente l’incarico di garante del contribuente al Presidente della commissione tributaria regionale, con il dichiarato intento di risparmiare un importo infinitesimale di spesa pubblica corrente. In pratica una goccia in mezzo al mare magnum della spesa pubblica, sprechi inclusi, del bilancio pubblico dello Stato italiano.
Certo, un oceano è formato da tante goccioline d’acqua e, se tanto ci dà tanto, ogni goccia è importante e non deve essere esclusa. Resta però la realtà dei fatti: la lesione dei diritti e delle garanzie a tutela dei contribuenti è davvero forte e, certamente, vale molto di più di questo risparmio infinitesimale che tra l’altro non è stato ancora reso noto (ma ci sarà per davvero questo agognato risparmio nelle casse erariali?).
Il tutto nella totale noncuranza che tale accentramento di funzioni porta con sé anche il rischio di incompatibilità, venendo meno quel carattere di terzietà che invece lo stesso garante del contribuente dovrebbe prevedere nei rapporti fra contribuenti da un lato ed Erario dall’altro.
A ciò si aggiunge che, così facendo, lo Stato fornisce un’immagine di sé davvero poco edificante e nel contempo è come se lanciasse un messaggio che rassomiglia molto ad un ben meno lodevole “cercare di voler eliminare qualunque ostacolo fra i cittadini e le casse erariali”.
Verrebbe da dire che certamente l’istituzione “garante del contribuente” non viene eliminata ma è altrettanto certo che la sua figura, pur non scomparendo, ne viene oltremodo ridimensionata.
È altrettanto vero, però, che dopo la miriade di batoste fiscali subite dai cittadini negli ultimi tre anni quali, solo per citarne alcune: avvisi di accertamento esecutivi, l’IMU, incrementi vari dell’iva dal 20% al 21% sino all’ultimo del 22%, gli incrementi degli acconti d’imposta, ulteriori e sempre più numerosi adempimenti fiscali; ecco dunque che, come se tutto ciò non bastasse, ci si mette adesso anche la paventata rivisitazione e contestuale rischio di indebolimento della figura del garante del contribuente.
Beh, dinanzi a questo quadro manca davvero solo il plotone di esecuzione fiscale del contribuente per decretarne il vero e proprio de profundis.
Si auspica dunque che dinanzi ad una siffatta previsione i dibattimenti in aula possano far rinsavire i nostri rappresentanti seduti sugli scranni parlamentari, tali da stralciare tutto l’impianto di rivisitazione del garante del contribuente.
Se ciò non dovesse avvenire possiamo allora iniziare per davvero a dare ragione alle conclusioni catastrofiche cui giunge, nella sua analisi, il professore Roberto Orsi della London School of Economics il quale prevede che nel giro di 10 anni, del nostro Paese non rimarrà più nulla, o quasi. La causa di tutto ciò, prosegue Orsi, va ricercata in “una classe politica miope che non sa fare altro che aumentare le tasse in nome della stabilità, senza ridurre gli sprechi. Monti ha fatto così e, Letta, sta seguendo l’esempio. Il tutto unito a una terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente con un sistema di giustizia più lento ed inaffidabile d’Europa”.
Cari contribuenti italiani ma anche cari ed amati concittadini, buona fortuna a tutti quanti voi.